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Finanza locale: bilanci in ordine ma si investe poco

Negli anni del dopo crisi il contributo al risanamento del bilancio pubblico da parte delle amministrazioni comunali è stato notevole. Le realtà deficitarie sono poche in tutto lo stivale, e in particolar modo al Nord. La spesa locale è stata ridotta in misura rilevante, ma i tagli hanno interessato soprattutto gli investimenti.

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Con il dispiegarsi degli effetti della crisi economica ha assunto rilevanza il tema della sostenibilità delle finanze pubbliche, in ragione dell’elevato stock di debito pubblico che pesa sull’economia italiana. Un contributo al risanamento del bilancio pubblico è stato richiesto anche alle amministrazioni locali, che, assecondando la tendenza ad un cambiamento in senso federalista, avevano incrementato il proprio peso sulla spesa della Pa sino alla prima metà degli anni Duemila.

In un decennio l’incidenza della spesa locale sul totale della spesa pubblica è aumentata di quasi 8 punti, passando dal 24% circa nel 1995 a più del 32% nel 2005. Le manovre di finanza pubblica che sono state approvate negli anni successivi alla crisi hanno richiesto uno sforzo significativo anche alle amministrazioni locali, in termini di contenimento del saldo di bilancio, tanto che sono oramai cinque anni che il comparto locale presenta un saldo in sostanziale pareggio, quando non in avanzo.

Le politiche restrittive hanno interessato tutti i livelli di governo locale, così anche i Comuni italiani, che sono stati sottoposti alle stringenti regole del Patto di Stabilità Interno, e che esibiscono oggi in aggregato significativi avanzi di bilancio.
Una gestione virtuosa dei valori di bilancio può però non sempre andare incontro alle esigenze di sviluppo del territorio: il contenimento della spesa infatti è stato realizzato contraendo le voci di spesa soggette a minori rigidità, di cui l’esempio più calzante è la spesa per investimenti.

La stessa osservazione vale anche distinguendo per aree territoriali: guardando ai certificati consuntivi 2015 di un campione esaustivo di Comuni (7.523 enti su 8100) si osserva come in quasi tutte le Regioni d’Italia i Comuni abbiano riportato avanzi di bilancio. In questo contesto, i Comuni del Nord-Ovest hanno realizzato risultati particolarmente soddisfacenti: il saldo pro capite del 2015 è risultato pari a più di 90 euro per abitante, rispetto a una media nazionale di circa 80; il numero di enti che sono risultati deficitari pure non è particolarmente elevato, circa il 22% dei Comuni del Nord-Ovest, rispetto a una media nazionale vicina al 24%, ed emerge poi che si tratta in prevalenza di enti di piccole dimensioni, dato che la popolazione dei Comuni deficitari del Nord-Ovest, in percentuale sulla popolazione dell’area, è tra le più contenute del Paese (il 12% contro circa il 20 a livello nazionale).

L’altro aspetto fondamentale che rileva ai fini di una valutazione della sostenibilità delle finanze pubbliche locali riguarda l’ammontare del debito contratto dagli enti e la sua incidenza sul prodotto interno lordo del territorio. In generale il debito dei Comuni è di ammontare modesto, se confrontato con il totale della Pa: su circa 2 mila miliardi di debito pubblico lo stock di debito dei Comuni ammonta a circa 40 miliardi, meno del 2%. Ciò che rileva ai fini della valutazione della sostenibilità del debito è il suo rapporto con il prodotto dell’area, e anche sotto questo aspetto i Comuni del Nord-Ovest presentano una situazione favorevole rispetto ad esempio al Centro-Sud, con un rapporto debito/Pil pari a circa il 2,6% contro valori superiori al 3 nei Comuni del Centro e del Mezzogiorno.

Saldi in avanzo e rapporto debito/Pil locale sotto controllo sono l’esito di politiche restrittive che hanno agito primariamente sul fronte della spesa pubblica locale. La contrazione che ha interessato i valori di spesa è stata significativa: per i Comuni del Nord-Ovest, fatto 100 il livello della spesa complessiva registrata nel 2004, dopo un decennio si osserva un livello di ben 16 punti percentuali inferiore al punto di partenza, tanto che la spesa totale pro capite dei Comuni del Nord-Ovest nel 2014 è risultata di poco superiore ai 1.000 euro, contro un valore medio nazionale di circa 1.200.

Proprio la particolare formulazione delle regole del Patto di Stabilità Interno, che ha stabilito un vincolo sul saldo degli enti locali al fine di controllarne le dinamiche, ha indotto i Comuni a ridurre le voci di spesa più facilmente aggredibili. Ciò è vero in particolar modo per i Comuni del Nord-Ovest, nei quali le politiche di riduzione della spesa hanno inciso soprattutto sugli investimenti risultando così in valori di spesa pro capite inferiori alla media nazionale. Lo stesso non può dirsi invece per la spesa corrente, che risulta allineata alla media nazionale in termini pro capite.

Dal lato delle entrate, le possibilità per i Comuni di manovrare autonomamente i propri tributi sono state piuttosto limitate. Gli interventi dal centro hanno indirizzato fortemente le entrate locali: è stato introdotto il nuovo regime sull’imposizione immobiliare, salvo poi modificarne in più riprese l’assetto, e contestualmente sono stati ridotti i trasferimenti dal centro in misura corrispondente; a ciò si aggiunge che in diverse occasioni la manovrabilità dei tributi comunali è stata limitata dal blocco delle aliquote imposte dal centro. Va da sé quindi che la dinamica che le entrate locali hanno avuto negli ultimi anni rispecchia solo parzialmente le scelte di bilancio degli enti.

Per quanto riguarda i principali tributi comunali – Imu, Tasi e addizionale Irpef – si riscontrano gettiti generalmente più elevati al Centro-Nord, mentre nel Sud e nelle Isole i livelli sono decisamente più contenuti in termini pro capite. Ciò, più che espressione di scelte autonome sulla leva fiscale, dipende dalle differenti basi imponibili che caratterizzano i territori, e questo aspetto emerge più chiaramente quando si osserva che in realtà in rapporto al prodotto interno lordo del territorio l’incidenza del gettito dei principali tributi è al Nord-Ovest e al Nord-Est la più contenuta.

Di converso, i Comuni del Centro-Nord sono caratterizzati da una dipendenza dai trasferimenti dal Centro generalmente più contenuta rispetto a quelli del Mezzogiorno. Soprattutto per i Comuni del Nord-Ovest i trasferimenti rappresentano solo il 10% circa del totale delle entrate correnti, facendo di questo gruppo di enti i più “autonomi” dello stivale.

È probabilmente anche per far fronte a un livello dei trasferimenti più basso della media nazionale che i Comuni del Nord-Ovest sembrano aver attivato maggiormente la leva extra-tributaria, ricavando proventi maggiori rispetto alla media nazionale per i servizi erogati, non solo relativamente al servizio rifiuti, che per i Comuni risulta essere il maggiore contribuente in termini di proventi registrati nei bilanci degli enti, ma anche ai servizi legati al settore scuola, come le mense e il trasporto scolastico, i servizi sociali e i servizi per la cultura, lo sport e il tempo libero.

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