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La finanza regionale del Nord-Ovest: gioie e dolori della sanità

Tra gli enti territoriali, le Regioni sono quelli dotati di maggiore autonomia e possono essere paragonate ai Länder tedeschi o alle Comunidad autonomas spagnole. Le Regioni ordinarie del Nord-Ovest hanno costi del personale pro capite inferiori alla media nazionale, la spesa sanitaria pro capite è invece tra le più elevate del Paese.

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Pur non essendo federale, la Costituzione italiana attribuisce un ruolo primario alle Regioni, che esercitano una potestà legislativa concorrente su materie che spaziano dal governo del territorio, alla valorizzazione dei beni ambientali, alle reti di trasporto e navigazione, al trasporto e alla distribuzione dell’energia, alla ricerca scientifica e tecnologica, all’innovazione, sino all’alimentazione e alla tutela della salute, tra le più importanti per le finalità del presente lavoro.

Tra gli enti territoriali, le Regioni sono quelli dotati di maggiore autonomia al punto che non sembra azzardato paragonarle ai Länder tedeschi o alle Comunidad autonomas spagnole, in particolare per il ruolo di coordinamento e indirizzo che esse operano nei confronti degli Enti locali. È altrettanto vero però che in fatto di decentramento della spesa pubblica l’Italia si trova in una posizione distante dai Paesi con una costituzione federale (Germania, Austria, Belgio e Spagna).

La finanza regionale rappresenta il 20% della spesa pubblica del Paese, una quota inferiore se confrontata con il 30% circa dei Länder tedeschi o con il 36% delle Comunidad autonomas.

A cosa è destinata la spesa delle amministrazioni regionali italiane? La parte del leone la fa la sanità: circa l’80% della spesa regionale è rappresentata da trasferimenti alle Aziende sanitarie locali. Per il resto, le Regioni agiscono principalmente come collettori di risorse, che vengono poi trasferite ad altri enti (principalmente enti locali) per essere quindi spesi sul territorio. L’amministrazione regionale interviene in via diretta principalmente in due campi: i trasporti e l’ambiente, ma in ogni caso la somma della spesa finalizzata a questi due ambiti incide per poco più del 2% del totale.

I valori medi non danno adeguatamente conto delle rilevanti differenze, non tanto geografiche, quanto amministrative: il dato aggregato non coglie la particolarità delle Regioni a statuto speciale che, avendo competenze più estese e maggiore autonomia, vedono la propria spesa ripartita diversamente. L’incidenza della spesa sanitaria non è rilevante come nel resto del Paese, ma varia da circa un quarto per le Regioni speciali del Nord a poco più della metà per le due Isole.

Questo perché le Regioni a statuto speciale, soprattutto quelle del Nord, svolgono anche funzioni che nel caso delle Regioni ordinarie sono svolte dallo Stato centrale (si pensi ad esempio all’istruzione). Così, in Valle D’Aosta come in Trentino-Alto Adige, la spesa non sanitaria per abitante è molto più elevata che nel resto del Paese, anche in ragione di un organico di consistenza più rilevante. Viceversa, le Regioni speciali si collocano in linea con il dato nazionale quanto alla spesa pro capite per la sanità.

Il ruolo fondamentale della sanità nella finanza regionale emerge quindi con ancor più forza se si guarda alle sole Regioni ordinarie, per le quali l’incidenza della spesa sanitaria è prossima al 90%.

In questo contesto, le Regioni ordinarie del Nord-Ovest si collocano in una posizione intermedia: mentre per le spese non sanitarie prevale un aspetto di maggior rigore, con costi del personale pro capite inferiori alla media nazionale, la spesa sanitaria pro capite del Nord-Ovest è tra le più elevate del Paese.

Come per ambiti della pubblica amministrazione, anche sulle Regioni e sulla sanità si sono fatti sentire gli effetti della riduzione dei trasferimenti. Il Paese presenta una spesa sanitaria ampiamente al di sotto della spesa di altri Paesi ad alto reddito: l’Area Euro a 11 Paesi totalizza una spesa per abitante di 2.350 euro, a fronte dei circa 1.900 dell’Italia, dove la spesa è superiore solo a Spagna e Portogallo.

Anche prima della crisi economica però in alcune Regioni il sistema sanitario si trovava in una situazione di grave squilibrio economico-finanziario strutturale, per cui è stato necessario l’intervento del governo centrale che con dei piani specifici di rientro dal deficit ha imposto a un gruppo di Regioni maggior rigore, attraverso lo strumento dei Piani di rientro. L’impatto dei Piani è stato positivo dal punto di vista finanziario e ha ridotto il disavanzo complessivo del sistema sanitario delle Regioni da circa 6 miliardi a 1,2 in meno di un decennio.

Tra le Regioni che sono state sottoposte a Piani di rientro figurano anche due Regioni del Nord-Ovest, vale a dire Piemonte e Liguria. Il Piano per il Piemonte è iniziato nel 2010 e si è concluso positivamente nel 2017, dopo che le verifiche hanno evidenziato il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio. Particolarmente positivo è il caso della Lombardia, che ha evidenziato un bilancio in equilibrio, se non in avanzo. La Valle d’Aosta infine, al pari delle altre Regioni a statuto speciale del Nord, presenta un bilancio sanitario in deficit. Tale deficit, benché contenuto in valore assoluto se confrontato con quello di altre Regioni, appare più rilevante se espresso in termini pro capite: rispetto ad una media nazionale di circa 20 euro, il disavanzo della Valle d’Aosta si cifra in circa 190 euro per abitante.

Quanto emerge dai risultati di bilancio in merito all’efficacia dei Piani di rientro si riscontra anche nell’entità dei tagli alla spesa, che hanno interessato soprattutto le Regioni sottoposte ai piani. Queste ultime hanno visto una contrazione significativa dei valori di spesa corrente tra il 2010 e il 2015, mentre per quelle che già dieci anni fa presentavano una situazione di bilancio virtuosa la spesa ha potuto incrementarsi anche negli anni più recenti. La stessa considerazione vale per le Regioni del Nord-Ovest: in Lombardia, dove la situazione finanziaria non era compromessa, è stato possibile aumentare i livelli di spesa pur mantenendo il bilancio in equilibrio, mentre Piemonte e Liguria, così come la Valle d’Aosta, hanno contratto i propri valori di spesa corrente rispettivamente del 4, 3 e 5% tra il 2010 e il 2015.

Gli importanti aggiustamenti avvenuti sulla spesa sanitaria non sembrano comunque aver inciso significativamente sulla capacità dei sistemi sanitari del Nord-Ovest di garantire livelli di tutela della salute adeguati ai cittadini: Piemonte, Liguria e Lombardia si collocano infatti tra le prime posizioni in fatto di erogazione dei LEA (livelli essenziali di assistenza). Questi risultati sono stati conseguiti senza particolari aggravi per le famiglie. L’incidenza degli incassi da ticket sanitari per gli enti Lombardi, Piemontesi e Liguri è infatti abbastanza contenuto.
Il Nord-Ovest si caratterizza infatti come l’area dove l’incidenza dei tributi propri sul totale delle entrate è più rilevante. D’altra parte, pur in presenza di aliquote delle imposte non elevate, l’attività economica più vivace dell’area garantisce introiti tributari propri più capienti: tra le Regioni del Nord-Ovest, solo il Piemonte è arrivato ad applicare l’aliquota massima dell’addizionale Irpef al 3,33%, mentre inferiori sono le aliquote applicate da Liguria, Lombardia e Valle d’Aosta.

Giova inoltre ricordare che una componente importante della spesa sanitaria è rappresentata da quella farmaceutica. Sotto questo punto di vista, un tratto distintivo dei territori è riconducibile alla qualità della rete di distribuzione, intesa come prossimità al cittadino e ampiezza dei servizi offerti: nel corso degli anni recenti diversi interventi legislativi, a partire dal decreto “Cresci Italia”, hanno infatti inteso rafforzare la capillarità della rete di distribuzione.
Secondo le indicazioni di Federfarma, il numero di farmacie in Italia è atteso raggiungere le 21 mila unità entro il prossimo anno, in aumento di circa 2.500 unità. Le nuove aperture dovrebbero ridurre il rapporto tra abitanti e numero di farmacie, atteso scendere dai 3.200 attuali a circa 2.900: un valore in linea con quello della Francia e inferiore alla media europea.

Nel Nord-Ovest la maggiore incidenza di farmacia in rapporto alla popolazione si osserva in Valle d’Aosta, con circa 2.500 abitanti/farmacia, mentre in Lombardia, in ragione anche della maggiore densità abitativa, tale rapporto sale a circa 3.500 abitanti/farmacia. In questo contesto si nota come le farmacie pubbliche, che sono circa 3.500 sul territorio nazionale (671 nella sola Lombardia e 633 in Piemonte) si trovano di sovente ad operare in contesti disagiati e non di mercato, come aree montane e rurali, laddove la farmacia assolve al ruolo di presidio pubblico a tutela della salute delle comunità locali.

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