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Le aziende del servizio idrico tra presente e futuro: il Nord-Ovest un’eccellenza europea

Ritardi infrastrutturali e sfide per il futuro: molta strada da fare ma le aziende del servizio idrico del Nord-Ovest hanno le “carte in regola” per rimettere in moto gli investimenti.

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Il servizio idrico è chiamato oggi a saldare i conti con il passato e al contempo ad attrezzarsi per offrire risposte alle questioni del futuro. Sono queste le sfide che, se raccolte e tramutate in investimenti, potranno portare il Nord-Ovest nel novero dei territori più smart e green del panorama europeo.

Il settore idrico italiano soffre di un cronico deficit infrastrutturale le cui cause vanno ricercate in un lungo periodo nel quale gli investimenti sono stati sacrificati per contenere le tariffe: un ritardo documentato delle sanzioni comunitarie per mancato rispetto delle direttive europee che hanno prescritto l’obbligo di collettamento dei reflui e di depurazione degli stessi sin dalla prima metà degli anni ‘90. Degli oltre 1.000 agglomerati urbani destinatari della reprimenda europea, 153 sono situati nel Nord-Ovest, e di questi 128 nella sola Lombardia. Le sanzioni in arrivo secondo le stime di Invitalia e MATTM ammontano a quasi 500 milioni di euro, dei quali più di 100 nei confronti delle Regioni del Nord-Ovest (74 in Lombardia e 18 in Liguria).

Il Nord-Ovest è l’area del Paese che può vantare le percentuali più elevate di copertura del servizio idrico nei propri capoluoghi di provincia: oltre il 98% dei residenti è servito da acquedotto, collettamento dei reflui ed è collegato a un depuratore. Le irregolarità nella fornitura interessano meno del 4% della popolazione.

Eppure 1 famiglia su 4 residente nel Nord-Ovest dichiara di non fidarsi a bere l’acqua del rubinetto, a testimonianza che molto rimane da fare, in particolare nella comunicazione agli utenti: a non fidarsi sono ancora il 27% delle famiglie lombarde, il 22% delle piemontesi e il 16% di quelle liguri. I valdostani mostrano invece una maggiore fiducia: solo uno su dieci non si fida a berla.

Le principali sfide del futuro sono tuttavia quelle che discendono dal fabbisogno emergente legato al cambiamento climatico, alla necessità di gestire le maggiori oscillazioni nella disponibilità della risorsa, visto l’alternarsi di abbondanti e concentrate precipitazioni a periodi di siccità, alla crescente antropizzazione e all’esigenza di garantire l’approvvigionamento di acqua di buona qualità, monitorando i nuovi inquinanti, insieme al miglioramento della tutela ambientale e alla necessità di assicurare la rigenerazione della risorsa. Sono questioni che richiedono, e richiederanno ancora di più in futuro, un ruolo attivo dei gestori nel sensibilizzare gli utenti ad una maggior accortezza nei consumi: nel Nord-Ovest il consumo pro capite giornaliero di acqua si attesta a 181 litri, quasi il 30% in più rispetto alla media dei Paesi europei.

Si tratta poi di aspetti che richiedono investimenti nella conoscenza delle reti, nella interconnessione delle fonti primarie, nel monitoraggio permanente dell’acqua destinata al consumo umano (water safety plans), con un importante ruolo per le nuove tecnologie, mentre il potenziamento e la manutenzione delle infrastrutture esistenti rimarranno fondamentali per assicurare un sistema idrico efficiente e rispettoso dell’ambiente.

Gli investimenti sono la chiave di volta per garantire un sistema idrico adeguato e resiliente, per tramandare un “patrimonio comune” di infrastrutture in buono stato alle generazioni future.

La regolazione indipendente ha fatto molto in questi anni in termini di sostegno all’equilibrio economico e finanziario delle gestioni, assicurando tariffe coerenti con la copertura dei costi di gestione e di investimento.

Tuttavia ad oggi, gli investimenti realizzati non risultano ancora proporzionati al reale fabbisogno. Una criticità che l’Italia condivide con la Spagna, trovandosi su livelli nettamente inferiori a quelli dei Paesi del Nord Europa. Il confronto della spesa mostra inoltre come le tariffe del Nord-Ovest siano più contenute rispetto a quelle applicate nei maggiori Paesi europei, a dimostrazione dello scambio tra investimenti e tariffe e degli spazi di autofinanziamento ancora presenti, senza minare la sostenibilità della spesa di famiglie e imprese.

L’ingente fabbisogno di investimenti richiede una crescita delle dimensioni delle gestioni e il raggiungimento di una scala finanziaria efficiente. In questo senso era indirizzato il riordino degli assetti di “governo” locale avviato con il Decreto “Sblocca Italia” dell’estate 2014. Ad oggi, sebbene tutte le Regioni del Nord-Ovest abbiano istituito gli Enti di Governo d’Ambito (EGATO) e gli enti locali vi abbiano aderito, la gestione unica d’ambito provinciale o di città metropolitana è ancora lungi dal potersi dire conseguita.

Tutte le Regioni hanno individuato ambiti territoriali ottimali (ATO) di dimensioni coincidenti con il perimetro minimo provinciale o di area metropolitana (25), eccetto la Regione Liguria che ha frazionato ulteriormente l’area del Savonese in tre sotto-ambiti.
In 17 ATO è avvenuto l’affidamento del servizio al gestore unico d’ambito, in 7 invece non si sono ancora verificate le condizioni per l’affidamento, ovvero è necessario attendere la scadenza delle concessioni in essere. La Regione Valle d’Aosta non ha ancora provveduto ad affidare il servizio al gestore unico d’ambito pur sussistendo le condizioni di legge. La presenza di soggetti titolari di un affidamento conforme alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege (gestioni c.d. “salvaguardate”) e soggetti che continuano a gestire il servizio pur non avendone titolo (gestioni dirette) determinano uno stallo: in una delle sue ultime ricognizioni il regolatore nazionale (AEEGSI) documenta ancora la presenza di 421 soggetti operanti nel servizio idrico integrato del Nord-Ovest. Nonostante la presenza di un buon numero di operatori industriali, l’assetto gestionale nel Nord-Ovest risulta dunque ancora molto frammentato.

Da una analisi degli ultimi bilanci disponibili le monoutility partecipate dagli enti locali del Nord-Ovest hanno generato un fatturato di circa 1,4 miliardi e impiegato 4.438 addetti. Si stima che il valore economico generato dal comparto (ricavi operativi, finanziari e straordinari) sia distribuito per il 57% ai fornitori, aziende che operano nell’indotto degli investimenti e dei servizi, per il 16% al personale alle dirette dipendenze, per il 5% alla pubblica amministrazione e per il 2% ai finanziatori; il 21% del valore economico generato è trattenuto dalle aziende sotto forma di utili, ammortamenti, riserve e accantonamenti per remunerare gli azionisti e rafforzare la solidità finanziaria e a sostegno degli investimenti.

I 264 milioni di euro di investimenti realizzati dalle maggiori società partecipate del Nord-Ovest nel 2015 (27 euro/abitante) hanno offerto un sostegno al Pil dell’area per oltre 520 milioni di euro e favorito la creazione di 4.400 posti di lavoro, tra addetti diretti nelle aziende di costruzione, progettisti e professionisti attivati dagli investimenti, addetti indiretti nelle aziende fornitrici di impianti, e lavoratori dell’indotto, sostenuti dai redditi percepiti e spesi dagli addetti diretti e indiretti.

L’analisi per classe di patrimonio netto, conferma che le dimensioni sono un fattore determinante delle performance. Le aziende più grandi (patrimonio netto tra i 15 milioni e il miliardo di euro) sono economicamente e finanziariamente più solide, e mostrano anche una maggiore produttività. Per la loro solidità tali aziende palesano anche un potenziale di indebitamento “inespresso”, che le qualifica come soggetti in grado di sostenere lo sviluppo degli investimenti. Le aziende di minori dimensioni (con patrimonio netto inferiore ai 10 milioni) mostrano invece un indebitamento praticamente nullo, derivante dalle maggiori difficoltà di accesso al credito, con ripercussioni importanti sulla capacità di realizzare gli investimenti programmati.

Le aziende più grandi e patrimonializzate investono di più e hanno programmi di investimento più ambiziosi: negli anni 2014-2015 hanno investito 34 euro/abitante/anno rispetto ai 29 euro/abitante/anno delle gestioni di minori dimensioni e hanno programmato investimenti per 66 euro/abitante/anno nel periodo 2016-2019, contro i 32 degli operatori minori.

A confronto con le aree industriali più sviluppate del continente europeo l’industria idrica del Nord-Ovest è meno concentrata: le prime 10 aziende per fatturato sono accreditate del 55% del fatturato totale. Un dato inferiore a quello della Regione Est della Spagna (66%), Baden-Württemberg, Vestfalia e Baviera (72%), Sud della Francia (77%), Belgio (85%) e assai distante dall’area con la concentrazione più elevata, i Paesi Bassi (95%).

Nell'analisi delle prime 10 aziende per fatturato in ciascuna area europea le aziende del Nord-Ovest presentano una solidità economica e finanziaria superiore: la redditività espressa in termini di margine operativo lordo raggiunge il 28%, contro il 24% di media del campione europeo, superata solo dal 38% dei Paesi Bassi. Anche per quanto riguarda la produttività del lavoro le aziende del Nord-Ovest mostrano performance migliori, con un valore aggiunto per addetto di 195mila euro a fronte di un costo del lavoro per addetto, pari a 56mila euro, inferiore a quello dalle aziende europee (pari a 65mila euro).

In termini di fonti della provvista finanziaria necessaria a finanziare gli investimenti le aziende francesi mostrano valori di indebitamento assai contenuti, realizzando la maggior parte degli investimenti con contributi pubblici a fondo perduto o in autofinanziamento. Le società idriche belghe, spagnole e olandesi, presentano al contrario indicatori finanziari molto “stressati”, superiori alle soglie che qualificano il possesso di un buon merito di credito, a segnalare che la provvista di capitale è tipicamente conseguita grazie a garanzie offerte da terze parti (tipicamente istituzioni pubbliche).

Le prime 10 aziende idriche del Nord-Ovest presentano invece una buona solidità patrimoniale, e un rapporto tra posizione finanziaria netta e patrimonio coerenti con l’accesso al credito e ai mercati dei capitali. Indicatori molto buoni coerenti con la possibilità di raccogliere la provvista finanziaria necessaria a sostenere quel “salto di qualità” degli investimenti auspicato per i prossimi anni.

Il potenziale di indebitamento “inespresso” raggiunge il miliardo di euro, oltre alla capacità finanziaria delle società quotate. Sono numeri che consentirebbero di spingere gli investimenti nell’area sino a 56 euro pro capite annui dai 32 euro realizzati in media nel biennio 2014-2015, colmando gran parte della distanza che ancora separa gli investimenti del Nord-Ovest dalle migliori esperienze europee (la Francia investe 101 euro pro capite annui, la Germania 82 euro e il Belgio 70 euro).

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