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Le imprese del Nord-Ovest: un modello ancora vincente

Giocando con le parole, si può dire che fare impresa nel nostro Paese è una impresa: fisco, finanza, burocrazia non sostengono adeguatamente l’attività imprenditoriale. Specializzazione e flessibilità rendono il modello del Nord-Ovest un punto di riferimento in Europa e nel mondo.

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In un momento nel quale il dibattito pubblico è focalizzato sulla ricerca di interpretazioni e politiche adeguate a favorire il superamento della lunga recessione ed a sostenere il timido recupero di cui ha beneficiato il ciclo internazionale, appare opportuno sintetizzare alcune delle principali evidenze che emergono dall’analisi del sistema delle imprese che operano in Italia e, più nello specifico, nelle Regioni del Nord-Ovest.

Un primo aspetto ha a che vedere con le peculiarità dell’assetto produttivo: in Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Liguria circa il 10% delle imprese, la quota più elevata tra le altre macro aree d’Italia insieme al Nord-Est, opera nel settore manifatturiero, preceduta dal commercio (22%), dai servizi professionali (17%) e dalle costruzioni (13%).

Si tratta di una specializzazione settoriale che in buona misura accomuna il Nord-Ovest alle altre aree del gruppo di controllo del benchmark esterno: in termini di occupati l’incidenza dell’industria manifatturiera supera il 30% tanto nel Nord-Ovest quanto in Baviera e nella Regione del Baden-Württemberg e risulta solo lievemente superiore a quanto si registra nell’area settentrionale della Spagna, della Francia o in Belgio, dove la quota approssima comunque il 20% del totale.

Quello del Nord-Ovest è tuttavia un modello in evoluzione: esaminando le consistenze rilevate dagli ultimi due censimenti Istat sull’industria e sui servizi (2000 versus 2011), si riscontra una riduzione del peso della manifattura nel Nord-Ovest. Il ridimensionamento in atto, tuttavia, è stato in parte compensato, diversamente da quanto accaduto negli altri territori, dalla crescita dell’incidenza di altri comparti industriali (in particolare energia, gas, acqua e servizi ambientali), segno che il sistema dei servizi pubblici locali può ambire ad esercitare un rinnovato ruolo di volano di crescita economica.

Tale spostamento verso settori a più elevato valore aggiunto si può leggere anche nelle statistiche regionali delle performance economiche delle imprese: il Nord-Ovest eccelle infatti per fatturato e valore aggiunto per addetto (il 17,6% ed il 15,7% in più della media nazionale, con un picco in Lombardia, rispettivamente +29% e +23%).

Nonostante tendenze più favorevoli per l'economia internazionale, l’Italia è il Paese che, pur nelle fasi di espansione dell’economia, tende a sperimentare i tassi di crescita più modesti di tutta l’area della moneta unica: una evidenza che deve essere interpretata non solo alla luce di uno scenario globale che per lunghi anni si è rivelato particolarmente ostico, nel quale gli scandali finanziari e la crisi del debito hanno avuto ripercussioni sulla domanda e sull’accesso da parte delle imprese al mercato dei capitali, ma anche di questioni “endemiche” che hanno finito per cumularsi alle contingenze dell’ultimo decennio.

L’ampio dibattito sulle cause della scarsa performance del sistema produttivo nel nostro Paese pone l’accento sui problemi strutturali che a partire dagli anni Duemila hanno avuto la loro più evidente manifestazione in una prolungata stagnazione della produttività: nel corso degli ultimi venti anni tale indicatore è infatti cresciuto ad un ritmo medio dello 0,3% all’anno nel nostro Paese, a fronte di un incremento prossimo al punto e mezzo percentuale in Francia e Germania.

Da una parte, è utile menzionare alcuni elementi di contesto: come ha evidenziato una recente relazione della Commissione Europea (Documento di lavoro dei servizi della Commissione, 2016), il Paese resta caratterizzato da un sistema frammentato e stratificato di norme che emanano da diversi livelli di governo. All’ultimo tentativo di revisione della disciplina di riferimento, avviato con la Legge 27/2012 “Liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese”, non è seguita una adeguata attuazione. A tal proposito, alcune evidenze che si desumono dal già citato indicatore del “Doing business” della World Bank descrivono efficacemente le barriere che gravano sulle imprese italiane: il Paese si colloca all’86° posto per quanto riguarda l’ottenimento di una licenza edilizia, al 97° posto per l’apertura di una linea di credito, al 111° posto per le tempistiche di esecuzione di un contratto ed al 137° posto per il pagamento delle imposte (sono 14 gli adempimenti fiscali e contributivi in capo alle imprese nell’arco di un anno, contro gli 8 richiesti in Francia ed i 9 in Germania e Spagna).

Medesimo discorso vale per i tempi della giustizia: per arrivare ad una sentenza di primo grado in un contenzioso civile sono necessari nel nostro Paese oltre 500 giorni (siamo terzultimi in Europa in questa graduatoria, anche se in miglioramento), mentre ne sono sufficienti poco più di 300 in Francia e meno di 200 in Germania. Secondo le informazioni desumibili dal Ministero della Giustizia, il dato si avvicina alle migliori esperienze europee prendendo in considerazione i 40 tribunali più performanti del Paese, prevalentemente localizzati nell’area settentrionale.

Come ampiamente documentato, un’altra criticità riguarda l’incidenza degli oneri fiscali che gravano sulle imprese italiane: calcolando la quota delle imposte pagate dalle imprese sul gettito fiscale totale, l’Italia si colloca in prima posizione (14%), davanti all’Olanda (13,1%) ed al Belgio (12,2%), oltre che alla Germania (11,8%), alla Spagna (10,8%) ed alla Francia (10,6%).

Il quadro generale mostra inoltre una connotazione strutturale fortemente incentrata sul modello della piccola impresa: secondo le ultime informazioni disponibili, nel nostro Paese risultano complessivamente attive circa 4,7 milioni di imprese, con 16,1 milioni di addetti. Il Nord-Ovest ne ospita 1,4 milioni (il 30% del totale) per 5,2 milioni di occupati. Insieme al Nord-Est, l’area vasta che include Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia, sperimenta una dimensione media (3,8 addetti per unità locale, 3,9 per la Lombardia) solo lievemente più ampia rispetto alla media nazionale (3,4) ed alle altre aree geografiche (2,8 addetti in media per le Regioni del Sud).

Un tessuto produttivo basato sulla micro, piccola e media impresa, che se da una parte garantisce maggiore flessibilità e specializzazione produttiva, dall’altra ha una serie di implicazioni negative. La letteratura accademica riconosce alla grande impresa maggiore capacità di sfruttare le economie di scala negli approvvigionamenti, di favorire i processi di internazionalizzazione e di creare innovazione, in particolare quella fondata sugli investimenti in ricerca e sviluppo, motore di produttività, competitività e sviluppo (Banca d'Italia, 2015).

Un ulteriore aspetto di interesse è quello che ha a che vedere con la forma giuridica delle imprese del Nord-Ovest: oltre il 60% del totale è rappresentato da partite Iva individuali e liberi professionisti, mentre meno del 20% appartiene alle società di capitali (18,6% sono società a responsabilità limitata e appena l’1% società per azioni). A tal proposito, giova rimarcare che in Italia i mercati dei capitali continuano ad essere meno sviluppati rispetto alle altre grandi economie europee, il che tende a ridurre le alternative al tradizionale canale del prestito bancario.

Il grado di dipendenza delle imprese italiane dai tradizionali istituti di credito è il più elevato d’Europa: secondo stime della Banca Centrale Europea, i prestiti bancari alle imprese ammontano complessivamente a circa il 50% del Pil, a fronte di una incidenza più contenuta in Germania e Francia, pari rispettivamente al 26% ed al 40%. Per contro, la raccolta di finanziamenti sul mercato mediante strumenti di capitale e di debito è scarsamente diffusa, se si considera che le quotazioni sulla borsa valori rappresentano circa un quinto del Pil italiano, significativamente meno che in Germania e in Francia. Ancora più residuali risultano forme alternative e più specializzate di accesso al capitale quali gli investimenti in private equity ed in venture capital, che ammontano a meno dell’1% del Pil.

Nei tempi più recenti il legislatore ha adottato un ampio ventaglio di misure volte a diversificare le fonti di finanziamento e migliorare il grado di liquidità delle imprese, tra cui la disciplina dell’aiuto alla crescita economica (l’ACE, prevista dall’ultima Legge di bilancio, è un incentivo fiscale alla capitalizzazione con capitale proprio), cui si aggiungono la possibilità di emettere mini-bond (va in questa direzione l’esempio degli idro-bond, specifici per gli operatori del servizio idrico) e gli incentivi per favorire la quotazione, oltre alla costruzione di uno specifico quadro normativo per il crowdfunding.

Più in generale, è opportuno ricordare che dimensioni di impresa e affidabilità finanziaria sono strettamente legate: secondo il più recente rilascio dell’Osservatorio ABI sulle sofferenze bancarie (Outlook ABI-CERVED sulle nuove sofferenze delle imprese, 2017), le aziende di minore dimensione (microimprese) rappresentano il target a rischio più elevato (ogni 100 prestiti erogati, si stima che nell’ultimo anno ne siano diventati non più esigibili 3,8, pur in miglioramento dai 4,1 dell’anno precedente). Per le piccole imprese (10-50 addetti e un giro d’affari compreso tra 2 e 10 milioni di euro) il tasso di sofferenze è stimato al 3%, per le medie al 2,3% e per le grandi società all’1,7%.

Dal punto di vista più congiunturale, le sofferenze bancarie registrate nel 2016 sono state oggetto di un ridimensionamento trasversale: la riduzione del flusso di prestiti che gli istituti devono classificare come crediti deteriorati è più accentuata proprio nelle Regioni settentrionali (il tasso di ingresso in sofferenza è rispettivamente pari al 2,6% ed al 2,9% nel Nord-Est e nel Nord-Ovest, contro il 5,2% del Mezzogiorno), a suggerire una significativa divergenza nelle traiettorie del recupero che si è manifestato negli ultimi mesi.

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