Mobilità pubblica: cresce la domanda, languono gli investimenti
Gli stili di vita emergenti prospettano un crescente ricorso alla mobilità pubblica: nel Nord-Ovest quasi un quinto della popolazione utilizza bus, metropolitane e tram. L’offerta è capiente nei grandi centri metropolitani e la soddisfazione degli utenti elevata, ma i ricavi da tariffa non sono sufficienti a coprire i costi.
Con il termine “industria” del trasporto pubblico locale (TPL) si identifica l’offerta di tutti i mezzi di trasporto collettivo (bus, treni, tram, metropolitane) che contribuiscono al soddisfacimento del bisogno di mobilità dei residenti in ambito urbano, regionale o infra-regionale. Appare utile richiamare questa definizione per sottolineare nell’ambito dei servizi pubblici locali come questa industria sia quella maggiormente impattata dall’innovazione digitale: i servizi di TPL sono infatti complementari al trasporto privato, ai servizi di mobilità pubblica non di linea (quali taxi e noleggi con conducente) e, soprattutto, alle innovative piattaforme digitali che mettono in contatto domanda ed offerta di mobilità (car sharing, bike sharing, car pooling).
Non sembra azzardato affermare che la mobilità urbana è il servizio pubblico locale ove per prime si stanno manifestando le conseguenze della cosiddetta digital disruption o “discontinuità digitale”, quel fenomeno di sconvolgimento degli assetti organizzativi e di mercato che scaturisce dalla diffusione dell’innovazione tecnologica e dalla connessione in mobilità (attraverso smartphone e tablet).
A queste macro tendenze si associa, in Italia e non solo, il ripensamento degli stili di vita, che va dallo sviluppo della cosiddetta “mobilità dolce” e sostenibile alle nuove forme di organizzazione dell’attività lavorativa in chiave smart e agile: fenomeni che tendono a ridisegnare la mobilità e a ridurre le distanze all’interno delle quali vengono a esplicarsi i rapporti sociali in senso ampio (lavoro, parentali, amicali, tempo libero, eccetera).
In questo contesto in profonda evoluzione, proprio la mobilità pubblica sembra intercettare le preferenze degli individui, in una lenta, ma costante progressione che si riscontra ormai dall’inizio degli anni Duemila: il peso del trasporto pubblico urbano ed extra urbano su gomma e rotaia è arrivato ad approssimare un quarto delle percorrenze complessive, arrivando a mettere in discussione il primato del trasporto privato (auto). È evidente che questo fenomeno si presenta con intensità e diffusione assai eterogenea nel panorama nazionale: è noto infatti che il mezzo pubblico tende ad esercitare una reale concorrenza al mezzo privato solo in presenza di reti capillari e efficienti, e in questo il territorio nazionale unisce le eccellenze di alcune realtà metropolitane e ritardi siderali.
Benché anche in Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Liguria l’auto si confermi il mezzo più utilizzato, il ricorso ai mezzi pubblici è significativamente più presente che nel resto del Paese e in crescita: nell’ultimo anno 23 individui su 100 che si sono spostati per motivi di studio o lavoro, lo hanno fatto a bordo di bus, treni e metropolitane, contro i 20 su 100 della media Italia ed i 16 del Nord-Est.
Secondo una ricognizione effettuata sulle più recenti informazioni disponibili, nel nostro Paese si contano circa mille operatori nel settore della mobilità pubblica (di cui poco più del 10% è partecipato dagli enti locali) ed oltre 120 mila addetti, per un giro d’affari di oltre 12 miliardi di euro l’anno. Nel Nord-Ovest le imprese che erogano il TPL sono circa 180, di cui circa 40 servono soltanto le aree urbane di competenza.
Benché l’orientamento degli ultimi anni sia stato quello dell’aggregazione (agli inizi degli anni Duemila si contavano 200 imprese in più in confronto ad oggi), il settore sconta ancora una accentuata tendenza alla parcellizzazione, che ne penalizza lo sviluppo in chiave industriale. In questo contesto, il Nord-Ovest sembra anticipare le tendenze nazionali, dal momento che il 30% degli operatori ricade nella classe di addetti superiore alle 50 unità, circa il doppio rispetto alle altre macro aree geografiche: una dimensione che appare coerente con un progresso su larga scala ma anche con un approdo a mercati extra nazionali.
Dal punto di vista delle modalità con cui il servizio viene offerto, l’organizzazione del TPL è prevalentemente orientata al trasporto su gomma, dal momento che circa il 70% del servizio viene realizzato mediante autolinee urbane (18,1%) ed extraurbane (53,6%). Si tratta di una distribuzione peculiare nel più ampio contesto europeo, dal momento che in Francia, Germania e Regno Unito i due terzi del TPL viaggia su rotaia. In tutto il Paese le reti metropolitane sono sette e si concentrano proprio nelle grandi città delle Regioni del Nord-Ovest (Milano, Torino, Genova, Brescia), soprattutto in termini di estensione (60% dei chilometri di rete).
Anche per quel che attiene agli aspetti più strutturali dell’offerta, il Nord-Ovest presenta una dotazione del servizio sul territorio di oltre il 60% più elevata della media nazionale. Più nel dettaglio la Lombardia, con 10 mila posti-km per abitante, è per distacco il mercato più capillare di tutto il panorama nazionale.
Tutto ciò si traduce in una percezione nel complesso positiva del servizio da parte degli utenti finali: oltre i due terzi dei passeggeri manifestano infatti apprezzamento rispetto ad alcune caratteristiche fondamentali quali frequenza dei passaggi, puntualità delle corse e velocità dei collegamenti.
Secondo l’ultimo rapporto Ecosistema Urbano, realizzato da Legambiente in collaborazione con il Sole24Ore, la dimensione della mobilità pubblica risulta più avanzata nell’area settentrionale del Paese. Più nello specifico, sintetizzando una ampia batteria di indicatori (passeggeri trasportati e percorrenza annua di autobus e tram, percentuale di spostamenti privati in auto o moto, parco circolante, numero di morti in incidenti stradali, estensione delle isole pedonali e delle piste ciclabili), le principali città del Nord-Ovest (Torino, Milano e Genova) offrono un servizio di trasporto pubblico che nell’ambito delle grandi aree urbane risulta tra i più performanti.
Non mancano, tuttavia, profili di criticità: il deterioramento dei fondamentali di mercato, con l’invecchiamento del parco circolante, l’arresto del tasso di sostituzione dei mezzi e lo sviluppo di nuove forme di offerta, ha prodotto rilevanti conseguenze lungo tutta la filiera, dalle imprese di produzione dei mezzi, che hanno subìto un ingente contingentamento dei margini, agli operatori del settore, che hanno dovuto fronteggiare una significativa flessione dei ricavi, sino agli utenti finali, ai quali è stato offerto un servizio spesso lontano dagli standard europei.
Su questa situazione si sono poi innestate le conseguenze della crisi e delle sofferenze della finanza pubblica: agli enti territoriali, titolari della gestione della mobilità in ambito urbano, sono stati imposti stringenti vincoli all’indebitamento, oltre a dover compensare una riduzione sostanziale dei trasferimenti da parte delle amministrazioni centrali.
Tra gli indicatori che illustrano più efficacemente gli squilibri del sistema appare utile riportare la distanza tra domanda e offerta (0,6 passeggeri-km a fronte di una offerta di 2,8 posti-km), che si traduce in un minore coefficiente di carico (load factor pari al 22%), valore simile a quello osservato in Germania, 20%, ma più basso di quello del Regno Unito, 28%, e pari alla metà di quello spagnolo, 45%, e francese, 42%.
L’insieme di tali fattori concorre a determinare un tasso di copertura dei costi da parte dei ricavi tariffari molto più contenuto rispetto a quello dei principali partner europei, con la conseguenza che l’Italia è il Paese in cui il settore della mobilità dipende maggiormente dalla contribuzione pubblica: nel nostro Paese i ricavi tariffari riescono a remunerare in media circa il 30% dei costi (considerando esclusivamente il TPL su gomma) che arriva a circa il 40% considerando tutte le modalità di trasporto (la situazione migliora marginalmente nelle aree metropolitane). Una percentuale che sale al 46% in Francia, al 58% in Spagna, al 64% nel Regno Unito ed addirittura all’83% in Germania.
In uno scenario di scarsità di risorse, tende ad innescarsi un meccanismo non virtuoso che penalizza ulteriormente tutti i principali stakeholder: un parco veicoli obsoleto ed inefficiente si traduce in un aggravio di costi operativi per effetto di un incremento dei costi medi di manutenzione (si stima che quelli di un autobus nuovo siano sei volte inferiori rispetto a quelli di un autobus con una vita di 15 anni) e contribuisce a deprimere la domanda di mobilità, riducendo a sua volta i ricavi.
Se ne deduce che il tema centrale per assicurare la sostenibilità di un settore importante dell’economia italiana come quello del TPL, è pertanto quello dell’attivazione di nuovi investimenti: il fabbisogno di risorse è certamente ingente, sia per colmare il ritardo dai migliori modelli europei, sia per proseguire lungo il percorso di evoluzione del parco circolante in chiave “green”.
Secondo le quantificazioni di Cassa Depositi e Prestiti, che nello scenario centrale prospetta un abbassamento dell’età media dei mezzi di trasporto ai valori medi europei (da oltre 11 a meno di 7), si stima che siano necessari investimenti per circa 4 miliardi di euro l’anno fino al 2033: si tratta di un totale di 68 miliardi, corrispondenti a oltre 4 punti percentuali del Pil. Ben più modeste sono le risorse rese disponibili dal Piano strategico nazionale della mobilità, previsto dalla Legge di Bilancio 2017, ove lo stanziamento complessivo fino al 2033 si attesta a 3,7 miliardi di euro, meno di 300 milioni l’anno.
Distribuendo il monte sulla base dei posti-km offerti in ciascuna Regione per le linee urbane ed extra urbane, è possibile stimare il fabbisogno di investimenti relativi all’intero Nord-Ovest in poco più di 20 miliardi di euro entro i prossimi quindici anni: si tratta di un fabbisogno di risorse ingente, che non può prescindere da una programmazione degli investimenti su base pluriennale e da un contesto normativo e regolatorio stabile e chiaro.